domenica 2 febbraio 2014

Gravidanza & Cat - Therapy aka Ode al Quadrupede

Oggi ho deciso di parlare della mia Personale Salvezza durante la gravidanza.
Preparatevi, sarà sicuramente un post banale e pieno di termini coccolosi e riferimenti mistici che, per la maggior parte della popolazione mondiale, non stanno né in cielo né in Terra.
Sto ovviamente parlando di una quadrupede bianca e nera di  mia conoscenza: la mia gatta Anita.
Ho parlato di lei dal primo post, ed essendo l'unica a non potersi opporre per regole sulla privacy è anche l'unica qui oltre a me ad apparire in foto.
Ci sono molte teorie sulle preferenze dell'animale domestico che parlano di Personalità Cane e Personalità Gatto: pur essendo convinta di appartenere caratterialmente alla seconda categoria, devo dire di non averci mai dato troppo peso finché lei non è entrata nella mia vita - e sì che i segni erano ben presenti sin dall'inizio: fin dall'età di tre anni, sulle mie lettere a Babbo Natale si nota la richiesta di un tenero gattino nero. Un gattino che ovviamente non è mai arrivato, per una motivazione valida in realtà: mio fratello è sempre stato allergico al pelo dei gatti, ma si tratta ovviamente di una clausola che nessuno si è degnato di spiegarmi fino alla maggiore età (ed essendo stata una bambina ragionevole, vi posso assicurare che mi avrebbe evitato molti pianti). Per tentare di ovviare alla mancanza, sistematicamente veniva portato a casa un cane. So che orde di animalisti potrebbero uccidermi per la prossima affermazione, ma un cane non è la stessa cosa: per quanto mi affezionassi ai quadrupedi scodinzolanti che arrivavano, la mia delusione rimaneva evidente, portandomi dopo un po' al disinteressamento nei loro riguardi.
Parliamoci chiaro comunque, a meno di non stare parlando di un piccolo Rudyard Kipling con una Vera Predisposizione, nessun bambino si occupa dell'animale domestico spontaneamente passate le prime due settimane o al massimo il periodo in cui resta un cucciolo: infatti, normalmente il discorso dei genitori è "Niente cane / gatto perché poi devo occuparmene io". E nemmeno i miei genitori erano granché predisposti alla cura di un cucciolo: mia mamma aveva avuto un'adorabile volpina di pomerania di nome Mimì con la quale aveva vissuto praticamente in simbiosi, e una volta che fu passata a miglior vita fu chiaro che nessun altro cane avrebbe potuto rimpiazzarla. Per mio padre il discorso è un po' diverso: anche lui ebbe il suo personale cucciolo, un alano nero gigante di nome Naìdo, ma dubito tutt'ora che il rapporto tra di loro sia stato esattamente felice. Mio padre si ritiene ad oggi un grande educatore e un amante dei cani, ma non l'ho mai visto dar loro del vero affetto: a prescindere dal fatto che li voglia tenere esclusivamente in giardino, non l'ho mai visto impartire un ordine con un biscotto in mano ad esempio - al massimo, l'ho visto inseguire il malcapitato disobbediente con un giornale arrotolato, o accarezzarlo per un tempo limite a far sì che non gli si sporcasse troppo la giacca.
L'unico vero piccolo Rudyard Kipling in famiglia è sempre stato il mio fratellone più grande, Fulvio. Tra gli animali ospitati a casa quando ci abitava anche lui, presi in momenti diversi o tutti insieme, troviamo: ovviamente cani perlopiù enormi, un merlo indiano parlante, un rospo che abitava sul frigorifero (GIURO), porcellini d'india, due caprette nane tibetane (doveva essere una e un po' grassa, poi si scoprì che era incinta), pappagallini, tartarughe e pesci vari (nessun gatto, comunque). Essendo comunque il fratello più adulto, nei miei ricordi è lui ad essere uscito prima di casa: ne si deduce che in seguito non avessi avuto esattamente degli esempi validi per quanto riguarda il rapporto con gli animali.
Ma anche le preferenze, se sono incise nei geni come una Personalità Gatto può essere, non sono casuali: la mia nonna materna, infatti, la chiamavo Nonna Micia.
Solo lei condivideva la mia spasmodica passione per queste creature sinuose e morbidelle, ed ogni estate in Sardegna andavamo insieme sotto il suo appartamento a dar da mangiare ad un'adorabile orda di randagi. Per spiegare quanto la sua Personalità Gatto si espandesse, faccio presente che se fuori pioveva lei non si azzardava ad uscire sostenendo che neanche un gatto l'avrebbe fatto - cosa che mi divertivo molto a spiegare alla maestra, quando la nonna non mi portava nemmeno a scuola per il suddetto motivo. La adoravo.
Neanche lei, comunque, riuscì mai a sostenermi tanto dal farmi avere il tanto desiderato gattino nero.
Quando sono andata burrascosamente via di casa, sono stata subito ospitata dal mio migliore amico, che con i gatti ha lo stesso rapporto di Rat Man... ma a parte questo, in una casa non mia in cui peraltro stavo molto poco non avrei mai neanche chiesto di poter portare un animale. Quando sono andata a convivere con il mio attuale ragazzo, invece, l'animale c'era già: trattasi del cane più adorabile del mondo, il buon Raul, un involucro di trentasette chili di puro amore, un ibrido bianco e grigio dal pelo ispido, il naso patatiforme e una predisposizione a dare bacini a tutto ciò che gli si muove davanti al muso. Normalmente abita a casa con i miei suoceri (possessori di giardino privato), ma finché abbiamo avuto più tempo l'abbiamo tenuto con noi: nel trasferimento in casa nuova, poi, le cose si sono fatte più difficili - oltre al fatto che fino a poco tempo fa sia io che il mio ragazzo lavoravamo diciotto ore al giorno, la casa è decisamente più piccola ed il poco spazio esterno è completamente aperto e dà su una strada trafficata.
C'era quindi posto per un altro animaletto?
In teoria no, ma niente di ciò che è successo da settembre in poi è stato programmato.
Dopo due giorni esatti dall'essere entrati in casa, una gattina nera e bianca si è presentata alla nostra porta, dopodiché è entrata ed ha cominciato ad aggirarsi per casa tranquillamente, della serie "ciao, mi piace casa vostra, io abiterò qui". Il mio entusiasmo superava anche i sensi di colpa del mio ragazzo nei confronti di Raul, il nome Anita venne quasi automatico proprio da lui, e il fatto che fosse mezza bianca metteva a posto anche le sue superstizioni sui gatti neri.
Dopo sette giorni esatti dal'essere entrati in casa, ho scoperto di essere incinta di due mesi.
Dicevo, niente è stato programmato.
Visto che per l'igiene non eravamo ancora del tutto sicuri (la prima ginecologa da cui sono andata mi aveva leggermente ossessionata con la storia della toxoplasmosi) e che lavoravamo ancora entrambi a tempo pieno, decidemmo di tenerla all'esterno, visto che era una trovatella ed era più abituata alla vita del prato che all'essere chiusa in casa... una scelta che si rivelò immediatamente sbagliata: dopo due settimane esatte dal suo arrivo, è stata investita.
Niente sangue né spappolamenti: il nostro vicino l'ha vista sbalzata via dal paraurti di una macchina a tutta velocità, proprio mentre lei era sul ciglio della strada. Rotolò nel fosso davanti a casa, ma lui non fece neanche in tempo a vestirsi per andare a controllare ciò che temeva essere il peggio: come un Vietkong si era già trascinata sui gomiti delle zampe anteriori fin davanti al suo cancello, miagolando a tutto spiano. Il vicino avvisò il mio ragazzo e la portarono in una clinica appena fuori città, visto che quella vicino a casa non aveva posto quella sera. Aveva una frattura obliqua all'ileo destro del bacino, una lussazione a quello sinistro, e per me fu una vera tragedia.
Sto ancora maledicendo quell'ospedale veterinario.
Certo, la tranquillizzarono e la medicarono.
Certo, ci chiesero subito trecento euro, nel dubbio: poi il mio ragazzo chiese spiegazioni, visto il prezzo leggermente alto, e ci scontarono cento euro - già quello avrebbe dovuto insospettirci. Mi dissero che non avrebbe più camminato a meno che non avessimo fatto un'operazione da mille euro per riparare entrambe le ossa, rassicurandomi però che avrebbe potuto vivere una felice e lunga vita nel trasportino, in alternativa.
Immaginate la situazione: ero incinta e ancora in fase Puro Terrore, con un trasloco ancora in corso, una situazione lavorativa veramente di merda e una gatta che, appena adottata, già richiedeva cure che non avrei potuto permettermi in nessun caso - e la soluzione per lei sarebbe stata, già immaginavo, drastica e definitiva.
Per fortuna, quel giorno ad ascoltare con me i vaneggi di quel cialtrone di veterinario c'era la mia migliore amica. Mi disse che anche lei aveva portato la sua cagnetta proprio in quella clinica per una normale tosse, e le avevano proposto un'operazione per sostituirle un tratto di trachea per la modica cifra di seicento euro. Forse era il caso di sentire un altro dottore.
La portai nella clinica vicino a casa, e per grazia divina trovai proprio la dottoressa specializzata in chirurgia felina. Le sue parole? "..è un gatto. Ha cinque mesi e nove vite, guarirà più in fretta di quanto tu possa pensare. Intanto tienila in un posto delimitato e dalle cibo molle."
Un mese dopo, Anita aveva già imparato ad arrampicarsi sui fornelli (spenti per fortuna). Il mio sogno erotico ricorrente da quel momento è zebrare la macchina del veterinario cialtrone con una chiave inglese arrugginita.
Fu la guerra per tenerla, in ogni caso: mio suocero incalzava il mio ragazzo per darla via sostenendo che fosse un impegno troppo grande viste le altre cose che stavano succedendo, e mio padre incalzava me per lo stesso motivo: ma loro non avevano questa frugoletta soffice che miagolava dal box doccia e si trascinava sulle zampe davanti perché voleva assolutamente tornare a fare il gatto di casa nella sua nuova abitazione. Io mi dicevo che, se avessi abbandonato una povera micetta, non mi sarei mai sentita in grado di accudire un figlio - e sospetto che il mio ragazzo si sia fatto lo stesso discorso. Poi, mi ha detto la più meravigliosa delle cose: "Se ti rende felice, la teniamo". Il mio principe azzurro mi aveva permesso di avere il regalo che chiedevo da quando avevo tre anni: che paure potevo avere a crescere un figlio con lui?! Il collegamento può sembrare idiota, ma in quel momento era la settecentoquarantesima conferma del fatto che non potessi trovare un compagno migliore nella mia vita, ed anche il Puro Terrore da inizio gravidanza sparì come se non fosse mai esistito.
Anita è stata un segno vero e proprio (Attenzione, probabile presenza di discorsi mistici sconclusionati).
Intanto è nata a maggio, mese previsto anche per il mio parto. Ho ovviamente scoperto da poco che mia figlia sarà femmina, ed ho sempre saputo che in tal caso si sarebbe chiamata Amalia, come mia madre: quindi, involontariamente, avranno anche un nome simile. Sospetto che qualcuno lassù me l'abbia mandata per aiutarmi in questo periodo, visto che ha alleggerito molti momenti di sconforto provati finora.
D'altronde, i gatti sono guaritori. Secondo il reiki e non solo, essi sono perfettamente in grado di gestire quel tipo di energia che renderebbe il mondo migliore, per così dire: personalmente, ne sono del tutto convinta. Secondo queste filosofie (odio chiamarle teorie, per me non lo sono), un gatto si nutre dell'energia negativa stagnante nei luoghi e nelle persone, incamerandola un po' come farebbe un pranoterapeuta: quest'ultimo, una volta finita la terapia, deve potersi scaricare in qualche modo (di solito tramite meditazione) onde evitare di essere lui stesso portatore della negatività appena assorbita. Il gatto, invece, è in grado di trasformare quell'energia in positivo, e così facendo la purifica; sono inoltre molto fiera di affermare che i gatti neri sono ancora più capaci degli altri in questa pratica, proprio per la loro colorazione che permette un assorbimento potenziato. L'imposizione delle mani, o in questo caso le zampe (adorabile), avviene con il gesto che un'altra gattara pazza di mia conoscenza ha definito "Fare Il Pane" (ancora più adorabile); il loro mantra non sono altro che le fusa, un emissione di frequenze che riescono ad emettere in maniera ripetuta e senza nessuno sforzo.
Potete dirmi che sono completamente fulminata a pensare questo, ma chiunque abbia mai avuto un gatto sa perfettamente di cosa sto parlando: quando si siede in braccio acciambellato e comincia a fare le fusa assumendo un espressione da siamese, è inevitabile percepire un incredibile rilassamento - e non dipende solo dal fatto che siano particolarmente coccolosi e simili ad un bigné quando si mettono in quella posizione.
Ogni volta che mi sono svegliata completamente devastata dalla nausea e dal mal di testa tipici del primo trimestre, mi sono distesa sul divano e lei si è arrotolata a turbante sulla mia testa, facendo fusa a tutto spiano e impastando sulle mie tempie: inevitabilmente mi addormentavo, e al mio risveglio era tutto passato.
Ogni mattina, da sempre, ha l'abitudine di saltarmi in braccio e mettersi a fare il pane sulla mia pancia, proprio sopra l'ombelico - e vi posso assicurare che ci metta meno forza rispetto ad altre parti del corpo (poi Amalia di solito scalcia e lei mi guarda stupita come dire "..cos'era?! Sei stata tu?!", cosa che mi fa sganasciare brutalmente e spezza un po' la magia del momento).
Ad ogni crisi di nervi dovuta agli ormoni mi si catapulta addosso, arpionandosi alla spalla destra con la sua testa vicino alla mia e il resto del corpo acciambellato sul petto, e resta così anche per ore - al massimo, se si stufa, assume quella che chiamo "Posizione dell'Ermellino", cioè messa a sciarpa attorno al mio collo (..è in grado di addormentarsi così).
Quando poi il mio ragazzo torna a casa più stanco e nervoso di me, sa che se siamo tutti e due sul divano è meglio sedersi sulle sue gambe facendo le fusa.
Il mio carico di energia negativa fino a prima di Natale era ai limiti cosmici, e sospetto che sia per questo che ad un certo punto si sia ammalata: è pur sempre una gatta con otto vite per via della rottura del bacino, suvvia, un sovraccarico è possibile se vivi a contatto con un polo di magagne come me. Infatti, per la sua gastroenterite i veterinari non hanno trovato alcuna motivazione: cinque giorni di ricovero, antibiotici, flebo e antiemetici, il mio conto in banca prosciugato, per poi tornare a casa e ricominciare a mangiare e bere come nulla fosse.
Nonostante le mille difficoltà per riuscire a tenerla, posso dire che una delle due cose migliori che mi siano capitate in gravidanza, ed è un'altra di quelle cose che non ho visto scritte da nessuna parte: la Pet Therapy non è solo per i malati terminali, che cavolo. Una donna in subbuglio di ormoni, che si lamenta con il compagno principalmente per il gusto di lamentarsi e rende così impossibile ogni consolazione, costretta a stare a riposo il più possibile per gli sconvolgimenti fisiologici e stressata dalla prospettiva dei mesi a venire... come può non trarre sollievo da un essere soffice che le gironzola intorno distraendola da tutto questo, e riesce in silenzio a farle sentire tutto il suo affetto? Dovrebbero consigliare questo, invece di terrorizzare schiere di gattare con i fantasmagorici rischi della toxoplasmosi - che per inciso, a meno di non avere strane abitudini coprofaghe è estremamente difficile da contrarre dal gatto di casa.
Vorrei concludere con un pensiero molto carino come conclusione, ma attualmente non ho idee: sono distratta dai continui miagolii di Anita, che proprio ieri ha deciso di essersi abbastanza ripresa da andare in calore per la prima volta. Non ho fatto in tempo a racimolare i soldi necessari per poterla sterilizzare prima.
Quindi concludo dicendo che a questo punto non la considero solo una consolazione gigante, ma anche una specie di prova di costanza per me, che negli ultimi anni ho badato a malapena a me stessa.
Mi sembra di aver sentito su Scrubs una citazione del genere: avere un figlio è come avere un cane o un gatto che, dopo un po', inizia a parlare.
Fantastico.

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